Dita a V nelle presentazioni internazionali

Anche i relatori migliori a volte si fanno sorprendere per così dire “con le braghe calate”. È successo qualche tempo fa a un relatore bravissimo che senza accorgersene ha suscitato un momento di grande imbarazzo tra il suo pubblico prevalentemente inglese.
Non si è trattato di una parola mal pronunciata che ha fatto assumere un significato diverso al discorso, come accade frequentemente a tutti noi, ma qualcosa di molto meno scontato: le dita a V.
L’inizio era ottimo. Il relatore ha illustrato il problema e poi ha anticipato le due possibili soluzioni che avrebbe trattato nel corso della presentazione. Lo ha fatto dicendo: “Vedremo insieme le due soluzioni: soluzione 1… pausa ad effetto […] 
e soluzione 2 altra pausa ad effetto […];
e, per fissare meglio i passaggi, li ha elencati con le dita.

In Italia è una tecnica da manuale, serve a sottolineare che andremo a esplorare due argomenti, a scandire i due momenti della presentazione, e il relatore l’ha usata con questa intenzione.
Purtroppo, però l’ha fatto con il dorso della mano rivolto verso il pubblico e, per un pubblico inglese, il gesto delle dita a V è equiparabile al nostro dito medio, ma con l’aggiunta di un elemento di sfida.
In pratica la sua gestualità ha trasformato il suo discorso in:

  • soluzione uno: ….
  • soluzione due: toglietevi dalle …. (ometto la parte scurrile)

Dobbiamo evitare di usare questa tecnica? No, assolutamente no! È sufficiente ricordarsi di mostrare sempre il palmo della mano al pubblico e non il dorso. Soprattutto se il nostro pubblico è inglese, irlandese o australiano.
Anche se nelle conferenze internazionali il pubblico è cosciente che questi gesti non sono intenzionali, una maggiore attenzione da parte nostra ci eviterà di creare inopportuni momenti di imbarazzo.

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